venerdì 24 giugno 2011

Linea del Tempo - Analisi delle maree

I primi dati riguardanti l'analisi del moto delle maree, risalgono al navigatore marsigliese Pitea (IV sec. a.C.), che aveva notato l'effettiva corrispondenza fra il sorgere e il calare della Luna e l'aumento e la diminuzione delle acque.

Aristotele (384 - 322 a.C.) si occupò molto brevemente delle maree nel suo libro Meteorologia: egli sostenne che le oscillazioni che si osservano negli stretti, delle quali non approfondì la periodicità, sono dovute al fluire del mare da un bacino più grande a uno più stretto.

Una tesi molto particolare ci giunge da un discepolo dell'astronomo greco Aristarco di Samo (310 ca - 230 ca a.C.), il babilonese Seleuco, il quale, basandosi sulle ipotesi di rotazione della Terra formulate dal suo maestro (forse la prima teoria eliocentrica della storia!), dedusse che il movimento del mare derivava dall'azione congiunta della rotazione stessa e della Luna, prima sull'aria e poi, di conseguenza, sull'acqua.

Il primo studio particolareggiato risale allo scienziato greco Posidonio (135 ca - 51 ca a.C.): egli, distinguendo il fenomeno nei suoi tre periodi, diurno, mensile e annuo, arrivò alla conclusione che esso era dovuto a una qualche influenza degli astri, soprattutto della Luna.

Lo scrittore latino Plinio il Giovane (61 ca - 113 ca) parla delle ore d'alta marea, accennando al ritardo di esse rispetto alle culminazioni lunari.

Lo stesso Claudio Tolomeo (100 ? - 178), al quale dobbiamo il famoso sistema geocentrico, considerato valido per oltre quindici secoli, ipotizzava una relazione fra il moto lunare e quello delle maree, in senso decisamente astrologico.

Fondamentale per tutto il Medioevo fu il trattato “Introductorium in Astronomiam” di Abu Mashar, il quale, analizzando l'universo da un punto di vista ancora puramente astrologico, trovava nello studio del moto delle maree la conferma delle proprie tesi sul moto degli astri. In particolare, la Luna avrebbe agito secondo una affinità di natura chiamata “cognata virtus”: a intervalli regolari, le acque sarebbero uscite bollenti dalle profondità dell'abisso, salendo in superficie, mentre le altre a livello del mare, ormai raffreddatesi, sarebbero scese verso il basso.

Secondo alcuni storici greci, anche il grande filosofo Platone (427 - 347 a.C.) avrebbe formulato ipotesi sulle maree, anche se queste non emergono da alcuna sua opera: l'acqua del mare sarebbe stata periodicamente inspirata e espirata da caverne marine, secondo una concezione vitalistica della terra molto diffusa nell'antichità, presente in autori arabi, quali al-Masudi e al-Qazawini e rimasta anche nei secoli successivi, come dimostrano il “Tesoro” di Brunetto Latini (1220 ca - 1294 ca) e lo stesso Leonardo da Vinci (1452 - 1525).

Nel XIII secolo una spiegazione originale ci giunge dal filosofo inglese Robert Greathead (1175 - 1253), che, opponendosi all'aristotelismo, sosteneva che: «il flusso e il riflusso del mare sono dovuti al fatto che la Luna attrae dal fondo del mare una bruma, la quale solleva l'acqua quando la Luna sorge e non è ancora tanto forte da attrarre la nebbia attraverso l'acqua; quando la Luna ha raggiunto la sua massima altezza meridiana, la bruma viene espulsa dalle acque e la marea cala».

L'interesse per la misteriosa azione lunare sulle maree è dimostrato anche nella Divina Commedia di Dante Alighieri (Paradiso, XVI, vv. 82-83), dove paragona la fluttuante fortuna di Firenze alle maree:





“E come ‘l volger del ciel de la Luna
cuopre e discuopre i liti sanza posa
così fa, di Fiorenza, la fortuna”

Ovviamente anche uno scienziato come Galileo si interessò del problema e la sua teoria sul moto delle maree, è descritta, con estrema accuratezza ed efficacia, nella quarta giornata del “Dialogo sopra i due Massimi Sistemi del Mondo”, opera - non immemore dei dialoghi platonici - in cui sono introdotte a dibattere sui Sistemi del Mondo le figure di Salviati (che adombra quella di Galileo), difensore delle teorie copernicane, di Simplicio, aristotelico e tolemaico, e di Sagredo, nobile veneziano che, in apparenza, fa da arbitro fra i contendenti, ma che in realtà propende per l'eliocentrismo. Dopo avere impiegato le prime tre giornate a demolire le tesi eliocentriche aristotelico-tolemaiche, e a gettare le basi per le successive affermazioni, Galileo impiega il quarto capitolo del suo libro, per descrivere, per bocca di Salviati, quelle idee sul flusso e riflusso delle acque che avrebbero dovuto fornire le prove decisive della rotazione della Terra, e, quindi, del sistema copernicano. Benché notoriamente erronea, la tesi di Galileo rappresenta un mirabile capolavoro di intelligenza e determinazione, soprattutto per la forte volontà dello scienziato di fornire una spiegazione razionale a un fenomeno che, per secoli, era sempre stato interpretato con analisi astrologiche e metafisiche. Dopo aver dimostrato l'inconsistenza di tali analisi, su cui si è dilungato Simplicio, Salviati espone la teoria galileiana delle maree, dovute alla composizione dei due moti di rotazione e di rivoluzione della Terra, che, variando continuamente il moto della Terra stessa, provocano il flusso e riflusso delle acque, non in grado di adeguarsi istantaneamente a tali variazioni. Salviati enuncia, infine, due ingegnose teorie, atte a spiegare le variazioni mensile e annua del moto di marea.

Nell'ambito della cosmologia cartesiana anche le maree trovano la loro spiegazione. Anzi, mentre Galileo riusciva a spiegare solo una marea al giorno, Descartes riesce addirittura a spiegarne due.


In figura, la Luna è posta, per semplicità, nel punto B della sua orbita, ma i suoi effetti sull'acqua sarebbero dello stesso tipo, qualunque fosse la posizione da essa occupata nella sua orbita. Il centro T della Terra non coincide con il centro V del vortice terrestre, poiché il moto della materia celeste esistente fra la Luna e la Terra, allontana la Terra dalla Luna, finché la pressione esercitata da B su T, non è equilibrata da quella esercitata da D su T. La materia esistente fra B e T e D e T, ha meno spazio per muoversi che negli altri punti del vortice, quindi preme di più, provocando, sia sotto il punto B che sopra il punto D, il fenomeno della bassa marea (di conseguenza, si ha alta marea in A e in C). Inoltre, argomenta Cartesio, le maree sono massime quando la Luna è nuova o piena, rispettivamente in B e in D, poiché, essendo BD la minima distanza attraverso il vortice (assunzione ad hoc assai comoda), la pressione massima sugli oceani, si raggiunge appunto quando la Luna è nuova o piena, in B e in D.

La principale difficoltà della cosmologia cartesiana consisteva, come è noto, nella sua incapacità a spiegare, in modo pertinente, i fenomeni gravitazionali.

Le teorie del peso degli oggetti, formulate da Cartesio e dalla sua scuola, hanno lo stesso carattere artificioso e poco convincente della teoria delle maree.


L'oggetto P, che si trova in prossimità della Terra, ha sotto di sé una miriade di particelle celesti dotate di velocità altissima, che tendono a scavalcarlo per prenderne il posto. P, costituito di materia terrestre, e pertanto più lento, è quindi costretto ad abbassarsi.

Anche dopo aver superato la cosmologia cartesiana, tutti coloro che, muovendosi sulle orme della tradizione galileiano-cartesiana, hanno cercato di rendersi conto di fenomeni come le maree e il peso dei corpi, in termini puramente meccanici, escludendo, cioè, azioni a distanza, non sono mai riusciti a conseguire risultati attendibili. Possiamo soffermarci, a titolo di ulteriore esempio, sul tentativo di spiegare la caduta dei corpi, fornito da Christian Huygens (1629 - 1695), nel 1690, nel suo “Discorso sulle cause della gravità”.


Sul fondo di un recipiente cilindrico pieno d'acqua, Huygens pone una pallina costretta a muoversi fra due cordicelle orizzontali. Se si pone in rapida rotazione il recipiente, e poi lo si arresta bruscamente, si può osservare che, mentre l'acqua continua per qualche tempo a ruotare, la pallina, confinata fra le corde, si dirige verso l'asse del recipiente. Questo fenomeno, spiegabile facilmente con la forza centripeta impressa alla pallina dal recipiente, non costituisce affatto un modello valido per spiegare il peso dei corpi. «Dove sono, in natura, le corde che trattengono la pallina?» - chiedevano i critici di Huygens -, per tacere del fatto che la pallina, nell'esperimento descritto, si dirige verso l'asse e non verso il centro del recipiente (a differenza di quanto accade ai gravi che, se abbandonati, si dirigono verso il centro della Terra).

Le difficoltà teoriche cui si è appena accennato, furono superate brillantemente da Isaac Newton (1642 - 1727), uno dei più grandi scienziati di tutti i tempi, mediante l'attribuzione del peso dei corpi ad una azione a distanza, retta dalla formula:


«due corpi si attirano in ragione diretta al prodotto delle loro masse, e in ragione inversa al quadrato delle loro distanze» (G = costante gravitazionale) - che, lungamente osteggiata in ambito razionalistico, per il suo carattere apparentemente magico, è riuscita a ottenere, in prosieguo di tempo, unanimi consensi. È in virtù di questa formula, ritenuta valida per le interazioni fra tutti i corpi esistenti nell'universo (gravitazione universale), che sono stati spiegati innumerevoli fenomeni celesti e terrestri, fra cui, appunto, i moti di marea. Lo stesso Newton tratta il fenomeno della marea nella proposizione XXIV del Libro III dei Principi matematici della filosofia naturale, che ha appunto per titolo: “Il flusso e il riflusso del mare nascono dalle azioni del Sole e della Luna sulle acque”.


La teoria quantitativa delle maree di Isaac Newton prevede che l'attrazione gravitazionale lunare sulle diverse parti del nostro pianeta, non perfettamente bilanciata dalla forza centrifuga (dovuta al movimento della Terra), provochi due “rigonfiamenti” del globo terracqueo, che restano sempre all'incirca allineati con la linea che congiunge il centro della Terra e la Luna. Come risultato, si sviluppano negli oceani terrestri due onde di alta marea che girano intorno alla Terra “inseguendo” la direzione della Luna: in ogni data località la marea si ripete ogni 12 ore e 25 minuti, che è la metà dell'intervallo di tempo dopo il quale la Luna ritorna più o meno nella stessa posizione nel cielo.

Le due onde di alta marea, allineate approssimativamente con la direzione della Luna, incontrano attrito nel loro moto intorno alla Terra: i continenti poi sono ostacoli non aggirabili. Si ha quindi un rallentamento della rotazione terrestre dovuto alle onde di marea e nello stesso tempo, le stesse onde mareali vengono “trascinate” in avanti.
Questo fenomeno provoca due conseguenze importanti. In primo luogo, la durata del giorno terrestre aumenta costantemente di una piccola quantità, circa due millesimi di secondo ogni secolo.
Su periodi di tempo molto lunghi, la crescita della durata del giorno è stata determinata da osservazioni di tipo paleontologico su alcuni antichi organismi marini, come i coralli e i microrganismi, che costituiscono gli attuali fossili o sedimenti stratificati. Notando gli strati di spessore variabile la cui variabilità è dovuta a vari fenomeni tra cui la durata del giorno e l'ampiezza delle maree, si è visto che circa 300-400 milioni di anni fa il giorno era più corto di circa il 15-20% di quello attuale, il che conferma le ultime rilevazioni effettuate sul tasso di incremento di durata del giorno terrestre.

La seconda conseguenza dell'attrito delle maree è la variazione a lungo termine della distanza media Terra-Luna. Il motivo sta nel principio di azione-reazione: la Terra reagisce al “freno” delle maree lunari “spingendo” la Luna in avanti, e quindi provocando un allargamento graduale della sua orbita. Anche questo fenomeno, per quanto minuscolo, è oggi misurabile direttamente grazie alle rilevazioni di distanza Terra-Luna permesse dagli specchi lasciati dalle missioni Apollo sulla superficie lunare. Dopo circa vent'anni di rilevazioni si è notato che mediamente la Luna si allontana di circa un centimetro l'anno.

Un'altra interessante teoria per la descrizione delle maree è dovuta a G.H. Darwin che considera la Terra e la Luna come un unico sistema ruotante intorno al Sole. Il centro di tale sistema si troverebbe nella Terra a circa 2/3 dal centro del pianeta dalla parte della Luna. Considerando perciò due punti sulla Terra A e A' diametralmente opposti, si avrebbe che le acque poste in A si solleverebbero per diretta attrazione lunare, mentre quelle poste in A' per la maggiore forza centrifuga dovuta alla rotazione del sistema; in corrispondenza dei punti B e B' la bassa marea sarebbe dovuta invece alla maggiore forza centripeta.


Come già affermato, il fenomeno delle maree è molto complesso perché viene modificato dalla topografia della superficie terrestre e anche dalle influenze meteorologiche. Nei mari aperti l’onda di marea è bassa: alle Antille non oltrepassa i 40 centimetri e all’isola di Sant'Elena arriva a un metro, mentre presso le coste, e specialmente nelle insenature, l’onda si innalza ad altezze notevoli fino a raggiungere i 16 metri nel canale di Bristol e addirittura superare i 19 metri nella Baia di Fundy. Oltre ai moti verticali, le maree possono causare anche spostamenti orizzontali, cioè “correnti di marea”; Queste si differenziano dalle comuni correnti marine perché interessano tutta la massa d’acqua, dalla superficie al fondo e perché cambiano periodicamente direzione. Si originano in vicinanza delle coste o degli stretti che mettono in comunicazione bacini marini contigui in cui le maree locali risultano sfasate e particolarmente ampie. Veramente forti e spesso catastrofiche sono le correnti di marea che premono contro la foce di alcuni fiumi e li risalgono con violente ondate. Tale fenomeno, noto col nome francese di “mascaret” nei fiumi dell’Europa occidentale con estuario sull’Atlantico (es. Senna, Dordogna), è chiamato “pororoca” nel Rio delle Amazzoni.

Nei luoghi con fondo a dolce declivio la marea acquista un movimento orizzontale abbastanza notevole e tranquillo, e durante il ritiro delle acque nella bassa marea, grandi estensioni di spiaggia rimangono all’asciutto (chi non ha mai raccolto vongole durante le “secche”?).

In alcuni stretti queste correnti formano dei vortici molto pericolosi per la navigazione: nello stretto di Messina furono personificati in un mostro: Cariddi.

Cariddi, figlia di Poseidone e della madre Terra, era una donna assai vorace che era stata precipitata in mare da Zeus perché, mentre il figlio Eracle attraversava lo stretto a nuoto, gli aveva rubato alcuni buoi. Da allora inghiotte i flutti tre volte al giorno e per tre volte li rigetta. Questa figura si identifica con un fenomeno di maree presente in vari punti dello stretto, in particolare presso la punta Faro, che genera spostamenti d'acqua in senso orizzontale, flusso e riflusso, e veloci emersioni di acque profonde che generano gorghi.

A causa dell’attrito col fondo e dell’attrito interno delle masse d’acqua, l’alta marea non si verifica esattamente quando la Luna culmina sul meridiano del luogo considerato, ma si può presentare con un certo ritardo, detto “ora di porto”, che varia da punto a punto, anche per posizioni relativamente vicine, e può raggiungere anche le 12 ore. La conoscenza di tale ritardo riveste una grande importanza ai fini del traffico portuale; a questo scopo si effettuano le previsioni delle maree e si costruiscono delle carte su cui vengono tracciate le Linee Cotidali (dall’inglese tide = marea), luogo dei punti in cui l’alta marea si verifica con lo stesso ritardo rispetto al passaggio della Luna su un meridiano prefissato, di solito Greenwich,. Ogni linea è poi contraddistinta da un numero che indica appunto l’ora di porto.

Quindi la moderna teoria delle maree si discosta notevolmente da quelle elaborate, nel XVII secolo, da Galileo e da Cartesio: si basa, infatti, non su forze statiche o sul principio di inerzia teorizzato da Galileo, bensì sulle azioni gravitazionali esercitate sulla Terra dalla Luna e, in minor misura, dal Sole. A queste bisogna aggiungere, facendo riferimento al sistema Terra-Luna di Darwin, ruotante intorno al loro comune centro di massa, una forza centrifuga che si compone con quella gravitazionale. Tale centro di massa non coincide con quello della Terra, quindi sulla superficie si ha uno squilibrio, dove prevale la forza di attrazione, nel punto P che vede la Luna allo zenit (cioè nel punto della superficie terrestre in cui la verticale dell'osservatore interseca nella Luna la sfera celeste), e uno squilibrio di segno opposto, con prevalenza della forza centrifuga, nel punto P', posto a 180° rispetto al punto P.


L'acqua posta nel punto P, cioè rivolta verso la Luna, sotto l'influenza gravitazionale del satellite, tende a sollevarsi dal suo livello abituale; contemporaneamente, agli antipodi (punto P'), l'acqua - anche se in misura meno sensibile - è spinta verso l'esterno dalla forza centrifuga prevalente. In tal modo, si creano due creste d'alta marea nei punti P e P', e due creste di bassa marea in Q e Q', ove, oltre a tutto, la gravitazione terrestre è rafforzata da una componente della gravitazione lunare. Ovviamente, essendo l'asse terrestre e il piano di rivoluzione della Luna, inclinati rispetto al piano orbitale terrestre, il fenomeno della marea giornaliera si verificherà lungo la congiungente dei centri dei due corpi celesti (la figura precedente è quindi da riferirsi a un periodo particolare dell'anno). Poiché la Luna compie una rivoluzione attorno alla Terra, in un periodo (mese lunare) di poco inferiore a un mese, spostandosi in apparenza verso Est, ogni giorno passa su uno stesso meridiano con un ritardo di cinquanta minuti rispetto al giorno precedente, ed è per questo che la durata di ciascuna marea (intervallo fra alta e bassa marea), non è di sei ore, valore stimato da Galileo con riferimento alla rotazione terrestre, bensì di sei ore e dodici minuti.

Osserviamo, a titolo di notizia, che la forza generatrice della marea, illustrata nella figura precedente, può essere espressa mediante il gradiente del potenziale generatore della marea, espresso dalla presente formula.


dove G é la costante di gravitazione, M la massa della Luna, r la distanza dal centro della Terra, R la distanza fra i centri della Terra e della Luna e z è la distanza zenitale della Luna.
In questa espressione, i termini successivi della piccola quantità r/R, con potenze superiori a quelle che figurano nella formula, sono stati trascurati. Poiché il potenziale dipende solo dalle variabili spaziali r e z, esso è simmetrico rispetto all'asse Terra - Luna.

Il fenomeno che si verifica ogni mese lunare, è causato dall'entrata in gioco di un corpo celeste assai più grande del nostro pianeta, il Sole. Pertanto, anche se questa stella è a grande distanza dal nostro pianeta, essa influisce in modo determinante sul comportamento della massa d'acqua terrestre.


L'alta marea è più marcata, quando il Sole e la Luna sono allineati, sia trovandosi sul medesimo meridiano (Luna nuova), sia trovandosi a 180° dalla configurazione precedente (Luna piena). Tali due posizioni sono denominate sigizie. In esse, le forze attrattive dei due astri, o la forza attrattiva del Sole e la forza centrifuga, si sommano, provocando un maggior innalzamento del livello del mare (marea viva). Al contrario, quando la congiungente Terra - Luna si trova in posizione perpendicolare alla congiungente Terra - Sole (primo e secondo quarto), la forza attrattiva del Sole e quella della Luna si neutralizzano, provocando effetti di marea pressoché nulli (marea morta o maree di quadratura).

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